Abbazia di Valvisciolo

L’abbazia di Valvisciolo è tra i monumenti italiani che conservano le tracce più evidenti del passaggio dei templari.
A questa abbazia è legata una leggenda medievale, dove si narra che nel 1314, quando venne posto al rogo l’ultimo Gran Maestro Templare, Jacques de Molay gli architravi delle chiese si spezzarono. Ancora oggi, osservando attentamente l’architrave del portale principale dell’abbazia, si riesce a intravedere una crepa. Gli indizi della presenza Templare sono costituiti da alcuni caratteristici simboli.

    Abbazia di Valvisciolo

    Descrizione

    L’abbazia di Valvisciolo è tra i monumenti italiani che conservano le tracce più evidenti del passaggio dei templari.
    A questa abbazia è legata una leggenda medievale, dove si narra che nel 1314, quando venne posto al rogo l’ultimo Gran Maestro Templare, Jacques de Molay gli architravi delle chiese si spezzarono. Ancora oggi, osservando attentamente l’architrave del portale principale dell’abbazia, si riesce a intravedere una crepa. Gli indizi della presenza Templare sono costituiti da alcuni caratteristici simboli.
    Probabilmente, il complesso, caratterizzato dall’austero stile gotico-cistercense, fu fondato nel VIII secolo dai monaci greci basiliani di San Nilo, attivi già a Grottaferrata.
    Labbazia è ubicata in una piccola valle per tradizione medievale detta “dell’usignolo” da cui la probabile origine del nome valvisciolo.
    Solo nella seconda metà del XII secolo assunse formalmente il nome di “Valvisciolo” in seguito all’abbandono, da parte di alcuni monaci cistercensi, dell’omonimo monastero presso Carpineto Romano, di cui oggi rimangono poche rovine. I cistercensi, che tuttora abitano labbazia, operarono al tempo sostanziali modifiche alla sua struttura originaria conferendogli l’aspetto attuale. È certo, tuttavia, che anche i templari vi s’insediarono per un certo periodo, forse a cavallo tra XIII e XIV secolo.
    Nel XIV secolo questo ordine venne disciolto subentrarono i Cistercensi.
    Oggi l’abbazia continua ad essere abitata dai monaci cistercensi della congregazione di Casamari. E’ possibile visitare la chiesa, il chiostro e  il museo.
    Il suo ’esterno si presenta molto semplice e sobrio. La facciata ha una sola entrata al sommo di una breve scalinata; il corpo centrale è caratterizzato dalla presenza di un rosone, mentre il resto della muratura non presenta altre aperture.
    L’interno della chiesa è composto da tre navate suddivise da pilastri e colonne. Presenta pareti spoglie e senza affreschi secondo i canoni del memento mori dei cistercensi. Infatti, secondo questi canoni, sono da evitare sia gli sfarzi architettonici che gli abbellimenti pittorici. Tutto questo perché, per i cistercensi, la ricercatezza degli ornamenti può distrarre il monaco dalla preghiera ed è inoltre simbolo di vanità terrena. Sul fondo della navata sinistra, invece, si trova la cappella di San Lorenzo. Affrescata nel 1586-89 dal pittore Niccolò Circignani detto il Pomarancio su commissione del cardinale Enrico Caetani e di Onorato IV. 
    All’interno della cappella vi sono molti cenni auto celebrativi riferiti al titolo ducale che nel 1586 fu concesso proprio a Onorato IV. Infatti, al suo interno, possiamo osservare un gran numero di corone ducali sorrette da caratteristici puttini. Sopra il portone d’ingresso,
    Accanto alla chiesa si snoda il massiccio corpo del monastero, con il portale d’accesso. Il corpo di fabbrica si innalza su due piani; pianterreno e primo piano hanno finestre molto strette, quasi feritoie, il secondo piccole bifore. La parte più interessante del complesso è il chiostro, posto alla destra dell’abbazia guardando la facciata; in esso si trova un bellissimo giardino vivacemente colorato da siepi e fiori. Al centro del chiostro, inoltre, possiamo ammirare un grazioso pozzo per la raccolta dell’acqua.
    Dal punto di vista della simbologia, l’abbazia di Valvisciolo si può considerare uno dei centri architettonici più completi, in quanto vi è possibile riscontrare la presenza dei più importanti simboli della tradizione templare. Strettamente legato ai monaci cavalieri è il famoso SATOR (SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS – testo magico palindromo) circolare, unico nel suo genere: si trova sul lato occidentale del chiostro, sulla destra per chi entra dal corridoio d’ingresso. Qui si trova un’ampia porzione d’intonaco originario venuto alla luce durante alcuni lavori di restauro, abbattendo un muro precedentemente costruito per rafforzare la volta. La caratteristica principale di questo palindromo è che non è tracciata in forma di quadrato magico, bensì inserito in una serie di cornici concentriche. Questa forma mantiene la peculiarità di avere quattro diversi sensi lettura (due lungo le circonferenze ed altri due lungo i raggi), ma sostituisce al Quadrato, tradizionalmente simbolo della Terra, il Cerchio, da sempre associato al Cielo. Si tratta di una sorta di evoluzione spirituale, fissazione in simboli del primo e più celebre principio dell’Ermetismo: «Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per la meraviglia di una cosa unica». Il graffito, di poco più di una decina di centimetri di diametro, si trova all’aperto, nel chiostro, e purtroppo subisce sempre più il degrado del tempo. Il perché in questo contesto fu rappresentato in forma circolare resta ancora oggi un mistero. Essendo diviso in cinque spicchi direi che la figura più che un cerchio richiama il simbolo di un pentagono, forma geometrica che anticamente richiamava una sorta di protezione alchemica (il mago disegna un pentagono a terra per proteggersi da eventuali spiriti evocati), una difesa templare da forze oscure che in quel periodo stavano nascendo e anelavano a sopprimere l’ordine. Queste forze oscure, dal nome di Filippo il Bello e papa Clemente V in parte ci riuscirono, sterminando migliaia di cavalieri templari, ma di sicuro non poterono distruggere la forte suggestione e gli antichi messaggi che vengono custoditi in questi simboli eterni, ancora oggi conservati in questo tipo di luoghi sacri.
    Nel chiostro, sul muretto perimetrale che circonda il giardino centrale e che sostiene le colonnine, si trovano incise alcune Triplici Cinte. Se ne individuano distintamente almeno due, una delle quali presenta in sovrapposizione un quadrato più piccolo, mentre l’altra presenta il centro spiccatamente marcato.
    Sullo stesso muro in cui compare il SATOR, proseguendo oltre ci s’imbatte in un altro frammento d’intonaco originale, sul quale, invece, si trovano altri graffiti tra cui spiccano numerosi, e spesso marcati, Nodi di Salomone, nella classica forma cruciforme. Nelle immagini sottostanti ne viene mostrato un piccolo campionario.
    Accanto ai Nodi di Salomone, sulla stessa porzione d’intonaco, appare graffita un altro simbolo particolare, quello del Centro Sacro. Questo simbolo che, ricordiamo, costituisce anche uno schema di gioco chiamato “alquerque”, in modo simile alla Triplice Cinta, anche schema del gioco del “filetto”, è tracciato in verticale e probabilmente furono sempre i Templari a tracciarlo Nel soffitto del chiostro, davanti la Sala Capitolare, si trova invece una Stella Polare realizzata in rilievo. Altre Stelle Polari si trovano incise su alcuni dei capitelli delle colonnine che circondano il chiostro. 

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